E’ stato annunciato giovedì 24 settembre, dalla commissione Ue, il giro di vite sulle monete elettroniche

L’intervento sulla finanza digitale europea mira a mettere ordine normativo nel settore, che ha visto l’affermazione di criptovalute tra le quali la più nota è il Bitcoin. Le nuove regole obbligheranno gli operatori ad ottenere autorizzazioni dalle autorità monetarie di uno Stato membro per poter fornire i propri servizi in tutta l’Unione, e fissano una serie di “salvaguardie” come requisiti di capitale, custodia degli asset, supervisione, procedura di reclamo per gli investitori e fissa i loro diritti verso chi li emette.

Nel mirino anche Lybra

Nel quadro delle nuove proposte legislative, la commissione dedica particolare attenzione alle stablecoin, un tipo di criptovaluta il cui valore è ancorato a un riferimento esterno, come il dollaro statunitense o un algoritmo. Nel contesto rientra Lybra la stablecoin di Facebook, che mira a reinventare completamente il sistema monetario globale.

Secondo l’autorità, le nuove misure saranno cruciali nel sostenere la ripresa economica nell’Unione Europea, in quanto spianeranno la strada a nuovi modi per canalizzare finanziamenti alle imprese europee. “Rendendo le regole più sicure e più orientate al digitale per i consumatori, la Commissione intende promuovere l’innovazione responsabile nel settore finanziario europeo, soprattutto per le start-up digitali altamente innovative,” ha spiegato la Commissione Europea.

In Italia si può pagare con le criptovalute?

 Come molte cose nel  nostro paese anche la regolamentazione delle cripto è immersa in un contesto confuso e non oggettivo.

Dal momento che l’arrivo delle criptovalute sul mercato rappresenta una novità del tutto inedita, non è stato facile, in Italia come negli altri Paesi, dare una qualificazione giuridica ai pagamenti con criptovalute.

Ogni Paese dell’Unione europea ha dato una sua personale interpretazione del fenomeno ed ha agito di conseguenza in fatto di normative. In Italia, anche grazie al contributo della Banca d’Italia, qualche anno fa si è giunti a dare una definizione delle criptovalute, descritte come “rappresentazioni digitali di valore, utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento, che possono essere trasferite, archiviate o negoziate elettronicamente”.

Sulla questione criptovalute in Italia si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate, che in merito al valore da attribuire ai Bitcoin e alle altre monete virtuali dichiarò: “il bitcoin è una tipologia di oneta virtuale, o meglio criptomoneta, utilizzata come moneta alternativa a quella tradizionale, la quale ultima è emessa da un’Autorità monetaria ed ha valore legale”.

In parole povere l’Agenzia delle Entrate ha definito la moneta virtuale come una moneta priva di valore legale. Questo comporta, sul piano del diritto civile, importanti conseguenze in un rapporto credito-debito.

L’articolo 1277 del Codice Civile, intitolato “Debito di somma di denaro” afferma: “i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale”, il che vuol dire che il creditore è autorizzato ad accettare solo pagamenti effettuati con moneta tradizionale, cioè emessa da un’autorità centrale riconosciuta dallo Stato ancorché privata, quindi di fatto non di proprietà della collettività ma di un ristretto gruppo di soggetti privati. Al tempo stesso rimane apeta comunque un’altra strada, quella che permette alle due parti di concordare sulla legittimità dei pagamenti con criptovaluta. I contranti possono quindi stabilire in maniera autonoma che la criptovaluta, sia essa Bitcoin o Etherium, venga accettata come corrispettivo per il pagamento di una data prestazione o di un dato bene. (fonte:  borsainside.com)

Di redazioneSparklingRocks