In molti luoghi di lavoro, all’interno del contesto delle piccole o medie imprese nelle aziende ancora più grandi non si sente parlare che di innovazione, tutti guardano all’obiettivo di trasformare ogni cosa da analogico a digitale. Tuttavia a parlare siamo tutti smart, tutti skillati per fornire consigli e miglioramenti in ambito digital, ma la realtà dei fatti è un po’ diversa.

DESI è l’acronimo che sta per Digital economy and society index, indicatore che misura le performance dei Paesi europei rispetto alla transizione verso il digitale. L’edizione 2018 vedeva l’Italia al 25simo posto, mentre quest’anno è salita al 24simo. Un sorpasso avvenuto ai danni della Polonia. Mentre alle nostre spalle restano Grecia, Bulgaria e Romania.

Diciamo che il trend è in crescita, anche se il processo di digitalizzazione procede a passo bradipo e dalla vetta ci separano ben 23 posizioni.

Gli indicatori che compongo l’indice

I cinque indicatori che contribuiscono a comporre l’indice totale. Il risultato peggiore (27simo posto) lo otteniamo relativamente alle skill digitali. Il nostro capitale umano, in altre parole, è decisamente più analogico rispetto a quello degli altri Paesi europei. Il che, in un contesto di rivoluzione industriale 4.0, dipinge un quadro tutt’altro che confortante.

Negativo anche il 25esimo posto legato all’utilizzo di Internet. Ovvero alla percentuale di persone che usano la Rete per attività che spaziano dalla lettura delle notizie allo shopping on line. Saliamo invece di due posizioni per quanto riguarda l’Integration of digital technology. Un indicatore che misura l’utilizzo delle tecnologie digitali da parte delle imprese. Le due performance migliori si registrano invece nella connettività e nei servizi pubblici digitali, settori nei quali l’Italia si piazza rispettivamente al 19simo e al 18simo posto. Il primo fa riferimento alla velocità delle connessioni Internet, il secondo invece alla digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda i nostri competitor, notevole è il piazzamento al quinto posto del Regno Unito. Poi c’è la Spagna all’11esimo, Paese che sta crescendo a velocità doppia rispetto a noi negli ultimi anni (e tale dato spiega in parte anche il perché). Dodicesima la Germania e quindicesima la Francia.

Nelle prime tre posizioni troviamo rispettivamente Finlandia, Svezia e Olanda.

Il digitale parte dal Binario F

L’ultimo rapporto Ocse sulle competenze digitali (Skills Outlook 2019 – Thriving in a digital world ) attribuisce all’Italia un non esaltante zero – insieme a Turchia, Cile, Grecia, Lituania, Slovacchia – «il ritardo digitale più consistente» rispetto alle sfide dell’e-economy. A mancare non sono le idee quanto la possibilità di impostare una velocità di realizzazione concreta, senza perdersi e disperdersi nel settore pubblico. Ci pensa allora il settore privato e in particolare Facebook a ridurre il gap digitale degli italiani. Meno di un anno fa, infatti viene inaugurato a Roma  Binario F, dedicato alla formazione digitale, e a giugno lo stesso spazio viene quintuplicato per aumentare l’offerta formativa e dotare educatori terzi di aule e attrezzature adeguate e all’avanguardia, a titolo gratuito. In occasione della seconda inaugurazione, Sheryl Sandberg, Coo della piattaforma, ha fatto notare come il 75% delle piccole e medie imprese in Italia utilizzi Facebook per la propria attività, mettendo l’accento da un lato sull’accessibilità dei servizi digitali, dall’altro sull’approfondimento delle possibilità che offrono. Binario F – che rappresenta l’investimento piu importante effettuato in Italia dalla piattaforma di Zuckerberg – solo nei primi sette mesi di attività ha erogato 844 ore di formazione, ma è un numero destinato a crescere.

Di redazioneSparklingRocks